Descrizione
La lampada pensile è a triplice sospensione con corpo piriforme, concluso da un terminale a ghianda provvisto di anello; il collo è stretto con fastigio a margine libero, presenta attacchi fogliacei per le tre catene di sostegno, formate da maglie ovali concatenate e sospensione cupoliforme. La superficie è liscia e specchiante ed è percorsa da centinature verticali e parallele. Una decorazione di foglie ovate decora il fastigio del collo, mentre gli attacchi sono formati da grandi foglie acantiformi che si dispongono a voluta concava. Nella lampada di dimensioni maggiori, l'arme gentilizia della famiglia Rimbotti si dispone al centro del corpo, fra gli attacchi delle catene.
Notizie storico critiche
Il corredo di lampade è costituito da sei arredi di dimensioni analoghe (diametro 47,5 cm) e da uno di dimensioni maggiori (diametro 67 cm). I lumi in esame sostituirono le "sette lampade grandi d'argento fatte con l'eredità del Reverendo Cappellano Domenico Falconelli", ricordate dal Richa nel 1757. Lo storico menzionava anche "i due viticci d'argento collocati nè lati dell'altare, ma poscia da un sacrilego spezzati e involati", donati dalla stessa famiglia. L'altare a cui si fa riferimento è quello del SS. Sacramento di San Zanobi, presso il quale sia le lampade antiche che quelle attuali sono sempre state collocate. Le antiche lampade Falconelli erano già state ricordate nei documenti relativi agli stanziamenti della Metropolitana nel 1675. In tale occasione si diceva che "la spesa sostenuta dall'OPA in più anni per le sette lampade e due viticci d'argento collocati all'altare del Santissimo" non era stata coperta dagli stanziamenti previsti ma, al contrario, era di molto maggiore. Ancora nel 1697 le lampade furono citate in un inventario dell'Opera del Duomo, dove vengono riportati i singoli pesi di ogni lume. Dopo la testimonianza del Richa, ritroviamo le lampade documentate nell'inventario relativo alle "suppliche e trascritti" degli anni 1798-99: in questo caso non sono espressamente menzionate come legate all'eredità Falconelli ma il peso complessivo degli arredi corrisponde a quello citato nel documento del 1697. Di lì a poco, nel maggio del 1799, sono ricordate "quattro lampade d'argento dell'altare del Santissimo" fra gli arredi consegnati dai guardarobi dell'Opera alla Zecca in seguito alle requisizioni francesi. E' presumibile, benchè manchino riferimenti archivistici, che anche le altre tre lampade siano state distrutte pressappoco nello stesso periodo. Sappiamo dagli inventari ottocentesci che le lampade furono sostituite con nuovi arredi "sei lampade d'argento sfaccettato di libbre 115. 9. 7" furono fatte eseguire dall'arcivescovo fiorentino Antonio Martini "per sovvenzioni avute da diverse persone e fatte in più anni". L'esecuzione delle nuove lampade, tenendo conto del periodo di arcivescovado di Antonio Martini, si colloca dunque fra il 1799 e il 1809. A queste si aggiunse "una lampada di argento sfaccettato di libbre 32. 6. 16 con stemma prelatizio rifondata nel 1815 dall'Opera": quest'ultima corrisponde alla lampada centrale, di dimensioni più grandi e provvista dello stemma della famiglia Rimbotti (da notare che attualmente lo scudo araldico è privo delle insegne "prelatizie" - cioè del galero con i tre ordini di nappe - ma sono visibili alcuni piccoli fori nella parte alta dello scudo, quasi certamente impiegati per fissare alla superficie del lume tale completamento dello stemma). E' presumibile che la "rifondazione" della lampada da parte dell'Opera del Duomo vada intesa come una permutazione di un antico obbligo da essa assunto, secondo il quale i "sei candelieri d'argento fatti in esecuzione del testamento di messer Tommaso Rimbotti per servizio dell'altare del SS. Sacramento" dovevano ardere "in perpetuo et insino al giorno del giudizio". Stilisticamente le lampade ripetono la tipologia delle lampade prodotte a Firenze nell'ultimo quarto del Settecento. L'estrema sobrietà della superficie liscia percorsa da semplici centinature è in questo caso ravvivata dalle grandi foglie acantiformi adottate dagli attacchi, che ancora si ricollegano a soluzioni passate.