Descrizione
Il modello ligneo rappresenta una soluzione progettuale per le facce del tamburo ottagonale della cupola della Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Il prospetto è suddiviso in due parti sovrapposte. Quella inferiore, occupata in gran parte dalla calotta di una semicupola, presenta un doppio ordine di specchiature bianche profilate in verde che si ripete anche nei pilastri angolari. Sopra si trova una la trabeazione con architrave e fregio dipinto ad imitazione di un commesso marmoreo. La parte superiore del timpano è dominata dalla presenza di un grande oculo strombato che si inserisce al centro di una teoria di magre lesene di cui sono andati persi i capitelli, intervallate da esili specchiature verticali. Nello sprone angolare di sinistra si trova una coppia di lesene con capitelli geminati ed in quello di destra un prolungamento del rivestimento a specchiature marmoree. Sopra l’oculo si leva un complesso partito di volticelle a cappe su grossi modiglioni che sorregge una trabeazione a sbalzo con architrave tripartito, fregio decorato a ”lupiniere” (palmette) e cornicione su mensole a dentelli.
Notizie storico critiche
L'assegnazione a Antonio Manetti Ciaccheri del modello ligneo n. 137 si deve a Gabriele Morolli (2001), all'interno di un suo articolato saggio sulla dibattuta questione della progettazione e sulla realizzazione, mai ultimata, del tamburo e del ballatoio della cupola della Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Nove in tutto (nn. 136, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 144), i modelli lignei venivano segnalati già da Alessandro Allori nel 1601 perché fossero inventariati e, in un certo senso, schedati, corredandoli di notizie storiche sulla loro esecuzione e funzione. Morolli, in ordine al tamburo ed al ballatoio, cerca di fare chiarezza sulle responsabilità e gli interventi dei singoli capomaestri che si susseguirono nella direzione della fabbrica del duomo almeno dal 1452, quando il Ciaccheri divenne capomaestro, al 1517, quando Baccio d'Agnolo portò a compimento la faccia sud-est del tamburo con la sfortunata prova della galleria definita da Michelangelo Buonarroti "gabbia da grilli", ed inquadra la progettazione tamburo e del suo rivestimento in un profondo contesto di risemantizazzione in chiave classica e soprattutto albertiana. Secondo Morolli il modello 137 voleva essere una variante del 136, l’altro modello riconducibile al Ciaccheri, nel quale si ribadiva la volontà di superare un’impostazione gotica del tamburo, che così veniva invece diviso in due, e sul quale si sperimenta la presenza del capitello adrianeo e dello pseudo capitello, risultato del risalto della trabeazione stessa. Nuovo, nel n. 137, il motivo delle magre lesene intervallate dalle specchiature verticali che deriva dal rivestimento dell’attico esterno del battistero fiorentino, ritmato da paraste, ma guarda anche alla soluzione, adottata proprio in quegli stessi anni, nell’attico del portico della Cappella dei Pazzi , attribuibile a idee albertiane poste in essere dal Rossellino. Come nel modello 136, ritorna nel fregio sopra l’occhio, il motivo a lupiniere ed in quello sotto l’occhio lo stesso motivo del commesso marmoreo. In entrambi i modelli, poi, lo sprone angolare è trattato in modo analogo: con lesene e capitelli sulla sinistra e prolungamento del rivestimento marmoreo sulla destra. Marchini (1977) valuta del tutto negativamente questo modello ritenendolo arcaico e sgradevole, anche perché lo accosta ai modelli presentati per il concorso del 1507, mentre Nova (1994), sostiene un’attribuzione a Giuliano da Maiano che, come riporta il Vasari, avrebbe avviato l’incrostazione marmorea del tamburo, ma non avrebbe potuto mettere in atto quelle varianti, secondo lo studioso evidenti nel modello 137, ostacolato dalla volontà dei fabbricieri di attenersi al modello approvato. Morolli, a questo proposito, sostiene invece il “ruolo sostanzialmente epigonico” dell’intervento del da Maiano nell’incrostazione marmorea del tamburo della quale tutto era già presente nel modello del Ciaccheri n. 136.