Descrizione
Tondo in terracotta invetriata proveniente dalla bottega di Andrea della Robbia raffigurante,in mezzo a una ghirlanda policroma di foglie e frutti,l'Agnus Dei, stemma dell'Arte della Lana. La potente corporazione assunse nel 1331 il patronato dell'Opera che da allora ne mutuò l'emblema.
Notizie storico critiche
Il tondo con l'insegna dell'Arte della Lana, che sovrintendeva ai lavori per il Duomo di Firenze, ha mantenuto la sua originaria ubicazione al centro della chiave di volta del soffitto del vestibolo del Museo dell'Opera del Duomo, una tempo residenza degli operai della Cattedrale. Il Poggi (1904, p. 23) lo cita come tondo robbiano, e così anche Staley (1906, pp. 164-168). Per primo Marquand (1919, p. 57, fig. 57 e 1922, I, pp. 84-85, n. 57) lo mette in relazione con un documento dell'Opera nel quale vengono ricordati nel 1486 e nel 1487, dei pagamenti ad Andrea della Robbia per un "chompasso della volta della stanza dell'Opera",in accordo anche con Mather (1919, p.247). Indicato dal Rossi (1964, p.62) semplicemente come tondo robbiano e da Becherucci e Brunetti (1969,I,p.284, n. 149) come bottega di Andrea della Robbia. Il tondo è ricordato anche da Gentilini (1989, 37, p. 257) come facente parte delle commissioni dell'Opera del Duomo ad Andrea della Robbia, ipotizzando la partecipazione all'esecuzione del tondo del figlio di Andrea, Giovanni Antonio, menzionato nel documento pubblicato da Marquand.
Relazione iconografico religiosa
Come scrive anche Giovanni (Ioann. I,29 e 36) l'agnello di Dio è per antonomasia Cristo. All'agnello infatti si attribuisce,per il suo candore e per la sua mansuetudine, il carattere sacrificale: il suo sangue aveva salvato i figli d'Israele in Egitto al passaggio dell'angelo sterminatore (Ex. 12, 3-5); il sacrificio dell'agnello era prescritto e regolamentato nel tempio di Gerusalemme; il profeta Geremia vedeva prefigurato nell'agnello il Cristo - vittima per i peccati del popolo, per la sua mansuetudine e innocenza (Ierem. 11,19). Questa simbologia, sorta in seno al popolo ebraico,rimase anche successivamente soprattutto negli scritti di Giovanni Evangelista,per la chiarezza del simbolo: il Battista,infatti,qualificò Gesù come l'agnello di Dio,destinato dal Padre a redimere con il sangue i peccati degli uomini (Ioann.1, 29). Tutta l'Apocalisse narra l'apoteosi dell'agnello divino nella liturgia celeste: a lui la compiacenza dell'Eterno Padre,l'apertura del libro della vita e il cantico ineffabile. La liturgia cristiana, ispirandosi a quella ebraica, ha accolto nella pienezza del significato l'immagine di Cristo agnello di Dio, tanto nel sacrificio della Messa che nella rievocazione della settimana santa.