Descrizione
La statua, tagliata all'altezza della vita, raffigura Cristo Benedicente in posizione frontale. Il Salvatore si presenta con un aspetto asciutto e scarno, con lungi capelli che ricadono sulle spalle, barba e baffi analiticamente lavorati; il volto è colto in un espressione solenne. E' raffigurato senza vesti ed il modellato del petto evidenzia la struttura anatomica in modo essenziale. Il braccio sinistro ricade lungo il fianco, mentre la mano destra è sollevata in modo da impartire la benedizione.
Notizie storico critiche
Il Cristo Benedicente, insieme alla testa del San Giovanni Battista, anch'essa conservata nel Museo dell'Opera del Duomo, ed a un Angelo andato perduto, fa parte del gruppo di statue poste in un tabernacolo sul Portale sud del Battistero e raffiguranti la scena del Battesimo di Cristo. Già nel 1502 l' Arte di Calimala iniziò a considerare l'idea di sostituire le tre opere, ormai rovinate e lontane dal gusto del tempo (Vasari le definisce "certe figuracce di marmo...") ; nel 1569 vennero rimpiazzate con le statue di Andrea Sansovino, raffiguranti lo stesso soggetto.
E' stato possibile stabilire la collocazione originaria dell'opera grazie al dipinto su un Cassone quattrocentesco conservato al Bargello, tuttavia l'identificazione del Cristo Benedicente come parte del gruppo del Battesimo non è sempre stata condivisa dalla critica: Poggi (1904), Pazz (1952) e Rossi (1952) ritennero erroneamente che la la statua fosse quella del Salvatore che doveva trovarsi sull'omonimo altare in duomo.
L'opera, ormai ridotta a busto, era costituita originariamente da due blocchi di cui quello inferiore, perduto, rappresentava il fiume Giordano. Fu ritenuta di Scuola Fiorentina del XV secolo, finché il Carli per primo (1934) non la inquadrò cronologicamente negli anni venti del XIV secolo, attribuendola alla "mediocre scuola locale". Si deve a Giulia Brunetti (1952) l'attribuzione a Tino di Camaino che è poi stata accettata unanimemente (Valentinier 1954, Pope-Hennessy 1964, Kreytenberg 1986, Bartali 2005, Levin 2005, Baldelli 2007).
Fatta eccezione per il Valentinier, che propone di datare l'opera nel 1316-1317, ipotizzando un soggiorno di Tino di Camaino a Firenze in quegli anni, si ritiene ragionevolmente che la statua sia databile tra il 1320-23, periodo in cui è documentata la presenza dello scultore in città.
Relazione iconografico religiosa
In un Cassone quattrocentesco conservato al Museo Nazionale del Bargello è raffigurata la parata per la festa di San Giovanni. Nel dipinto si intravede sullo sfondo il Battistero con le statue che lo adornavano; tra queste si riconosce quella del Redentore Benedicente. Insieme al San Giovanni, la cui testa è conservata nel Museo dell'Opera del Duomo e ad un Angelo andato perduto, doveva far parte del gruppo del Battesimo di Cristo situato entro un tabernacolo sopra la Porta Sud del Battistero. La figura di San Giovanni Battista, patrono della città Firenze, è ovviamente predominante nella decorazione del Battistero, dove difatti si vuole sottolineare il ruolo fondamentale svolto dal Battista nel preparare la via per la venuta di Cristo.
La scena del Battesimo è molto comune nell'arte; protagonisti incontrastati sono Gesù e San Giovanni Battista, spesso accompagnati da angeli che reggono la veste di Cristo e dalla colomba che simboleggia lo Spirito Santo.
Le prime raffigurazioni di questo soggetto le incontriamo già nel V secolo d.C., come testimoniano i mosaici nei Battisteri degli Ariani e degli Ortodossi a Ravenna. In entrambi questi casi, come del resto nella scena dipinta da Giotto nella Cappella degli Scrovegni, il Cristo è raffigurato immerso nell'acqua del Giordano fino alla vita; questo doveva essere il caso anche della statua qui presa in esame: il blocco inferiore mancante doveva raffigurare le acque ondulate del fiume. Dal periodo rinascimentale diverrà più comune la soluzione compositiva che prevede Gesù in piedi accanto al Battista e sullo sfondo di un paesaggio fluviale (si vedano ad esempio i dipinti del Verrocchio o di Piero della Francesca).