Descrizione
Il modello ligneo del tamburo e del ballatoio di Santa Maria del Fiore si articola su tre ordini, separati da architravi. Il primo ordine presenta una superficie decorata con specchiature marmoree, dalla quale emerge la piccola tribuna brunelleschiana, composta da colonne binate con fusto liscio e capitello corinzio, intervallate a nicchie semicircolari cieche. Il secondo ordine è scandito, ai lati, da paraste binate con capitello dorico, e centralmente da semicolonne doriche che inquadrano due nicchie semicircolari cieche e un oculo centrale. Il secondo ordine è conchiuso in alto da una ricca trabeazione dorica. L’ultimo ordine, relativo al ballatoio, presenta una decorazione a specchiature marmoree ed è privo di balaustra.
Notizie storico critiche
Il ballatoio è la sola parte del duomo a non essere mai stata completata e le sue vicende storico-critiche sono molto complesse. Per quanto concerne i modelli conservati nel Museo dell'Opera è sufficiente ricordare che in una relazione preparata nel 1601 da Alessandro Allori, l'architetto allora responsabile della manutenzione dell'edificio, si suggeriva di inventariarli perché se ne accertasse la destinazione originale (Guasti 1857, p. 157). Già ai tempi della Firenze granducale si era pertanto persa la memoria storica di questi modelli di cui si ignorava la funzione. A queste difficoltà si aggiungono le informazioni talvolta generiche delle fonti, le attribuzioni non sempre attendibili della critica moderna e i danni provocati dall'alluvione del 1966 (Nova 1994, pp. 593-599).
Dall’analisi delle fonti documentarie si deduce che nel 1507 Antonio da Sangallo il Vecchio partecipò al concorso per il ballatoio della cupola del duomo. Il modello scelto fu quello presentato dal Cronaca, Baccio d'Agnolo e Giuliano, i quali nel novembre 1507, insieme con Antonio, vennero incaricati di eseguire un progetto definitivo. Tuttavia Antonio e Giuliano abbandonarono l'opera, in circostanze non ancora chiare, l'11 settembre del 1508.
Il primo catalogo del Museo (1891, p. 33) elencò il modello ligneo fra quelli presentati al concorso del 1507. Il Marchini propose di datarlo al 1516 e di attribuirlo ad Antonio da Sangallo il Vecchio. In un primo momento lo studioso avanzò l'ipotesi che il modello fosse nato della collaborazione fra i due fratelli Sangallo poiché un disegno degli Uffizi (n. 7954A, cat. n. 272), di mano di Giuliano, riporta lo schizzo di una pianta assai simile a quella del modello (Disegni... 1977, p. 15). Stando al Marchini, nel 1516 il vecchio Giuliano, sollecitato da un'informale e non documentata riapertura del concorso per il ballatoio, avrebbe progettato una nuova e grandiosa soluzione, mentre Antonio, rinomato legnaiolo, avrebbe eseguito il modello. Tale ipotesi fu poi respinta da Borsi (S. Borsi 1985, pp. 458-459). Tuttavia, in seguito, sempre il Marchini (1977, p. 41) tornò ad attribuire ad Antonio anche il progetto del rivestimento del tamburo. Il motivo delle nicchie incorniciate da colonne doriche che sostengono un'imponente trabeazione e il robusto cornicione su mensole rivelerebbero, secondo lo studioso, "una rudezza energetica" tipica di Antonio da Sangallo il Vecchio. Tale attribuzione, con relativa retrodatazione del modello al 1515, è stata accolta anche da Satzinger (1991,p. 86).
In tempi più recenti Alessandro Nova (Nova 1994, pp. 595-596) ha notato come gli stemmi della città e del popolo fiorentino - incorniciato da due agnelli, simbolo dell'Arte della Lana cui era assegnato il cantiere di Santa Maria del Fiore - non consentano di datare il modello al periodo mediceo. Secondo lo studioso, esso potrebbe costituire un "ripensamento" rispetto al modello vincente. È infatti possibile che nel corso del 1508 i due fratelli si siano resi conto della inadeguatezza del modello progettato in collaborazione con i soci Cronaca e Baccio d'Agnolo, e che abbiano pertanto cercato di elaborare una soluzione più adeguata alla mole della cupola. Ciò giustificherebbe i dissapori sorti fra i capomastri dell'Opera e le dimissioni dall'incarico "per malattia" presentate da Giuliano e Antonio l' 11 dicembre 1508 (Guasti 1857, doc. 345). Mentre quasi tutti gli altri modelli del Museo recano alla base il profilo della navata principale del duomo o delle tribune dell'abside, il nostro è l'unico a mostrare una delle tribunette morte del Brunelleschi. Secondo Nova, ciò potrebbe indicare che esso nacque in polemica con i requisiti del concorso del 1507, poiché, avendo selezionato il lato dell'ottagono verso la navata del Duomo oppure uno di quelli verso le tribune, i concorrenti avevano ignorato il problema del rapporto con le tribunette brunelleschiane. Se vere, queste considerazioni confermerebbero una datazione del modello posteriore al 1507.