Descrizione
La statua, a tutto tondo, rappresenta un angelo musicante dotato di tromba.
Notizie storico critiche
La statua doveva far parte del gruppo di sculture collocate nelle cuspidi ed i tabernacoli della Porta del Campanile, sul lato sud-ovest del Duomo di Firenze. Di esse sono disponibili poche notizie. Genericamente menzionate da Toesca come “molto mediocri”, vennero giudicate dai Paatz "di maniera dell'Orcagna” e quindi del terzo quarto del XIV secolo. L’attribuzione alla mano di Tino di Camaino venne data per la prima volta dalla Brunetti, la quale ravvisò nella statua "caratteri molto tineschi" (1952, p. 98, nota 4). Secondo Kreytenberg l’angelo tubicino sarebbe da ricondurre al gruppo statuario realizzato per la tomba del vescovo Antonio D'Orso (Kreytenberg 1978, pp. 36-38). Esso doveva essere composto da un basamento pensile in forma di due robuste arcate, sormontato da un sarcofago poggiante su tre leoni sul quale era collocato il vescovo seduto. Nei pennacchi del basamento era un'allegoria sulla morte ispirata da Francesco da Barberino, esecutore testamentario delle volontà del defunto. Sulla fronte dell'arca prendeva posto il bassorilievo con la raffigurazione del vescovo D'Orso che, assistito dalla Vergine con il suo seguito di santi e angeli, si presentava al cospetto dell'Eterno per essere sottoposto a giudizio.
Relazione iconografico religiosa
Diversi studiosi ritengono che la matrice iconografica dell’angelo raffigurato come essere umano adulto risieda nella rappresentazione della Nike classica (Strzygowski, 1901; Wulff, 1914; Beck, 1936; Réau, 1956; Panofsky, 1964). Fino alla fine del IV secolo l’angelo è rappresentato aptero. Talvolta, in ottemperanza ad alcuni passi neo e veterotestamentari, è raffigurato come un uomo, talora addirittura barbato, come mostrano gli affreschi della catacomba di via Latina (Ferrua, 1960). L'aggiunta delle ali è da considerarsi una precisa scelta iconografica, una soluzione figurativa in grado di esprimere visivamente quanto stabilito da una complessa plurisecolare speculazione sulla natura delle forze angeliche, da leggere in stretta relazione con quella aerea dei venti. In forza del suo ruolo di mediatore tra l'uomo, essere di terra (Gn. 2, 7), e Dio, la luce suprema (1 Gv. 1, 5), l’angelo si configura infatti come personaggio “intermedio”. E la sua “natura aerea” è espressa dall’attributo delle ali, ereditato dall’iconografica tardo antica e pagana del venti.
Il tema degli “angeli musicanti” si diffonde già in epoca medievale. Esso ha un valore filosofico preciso, che trae la sua origine nella concezione platonica e pitagorica della cosmologia medievale. Come si legge in Sap. 11, 20 la musica, basata su connessioni aritmetiche, è considerata l'esemplificazione dell’armonia universale (Murdoch, 1984). In particolare il moto delle stelle e dei pianeti era ritenuto armonico (Filone d’Alessandria, De opificio mundi, I, 34, 9). Secondo la tradizione biblica a muovere i pianeti e i loro cieli erano proprio le forze angeliche, come si vede ad esempio in un manoscritto provenzale del XIV secolo (Londra, BL, Royal19. C. I., c. 34v). Le origini di tale iconografia risiedono dunque nell’idea dell’angelo come “orchestrante” dell'armonia del creato, che trova fondamento nella letteratura cristiana.