Descrizione
La lunetta presenta otto personaggi vestiti in abiti medioevali e variamente atteggiati in un ambiente caratterizzato da un pavimento intarsiato, stagliati contro un fondo dorato che imita la quadrettatura musiva, nel quale si libra in volo un angelo che regge un cartiglio.
Notizie storico critiche
Nel 1879, in pevisione dello scoprimento del lato sinistro della nuova facciata, l'architetto Emilio De Fabris volle conferire alla struttura già eretta un aspetto il più completo possibile. Mancando il tempo per realizzare le opere d'arte che avrebbero dovuto decorare stabilmente l'architettura, si pensò a supplire la mancanza mediante statue in gesso e, al posto della lunetta a mosaico prevista sopra il portale, fu chiesto ad acuni pittori di dipingervi un'immagine ad affresco. Dato lo scarso tempo disponibile, sia Annibale Gatti che Luigi Mussini, interpellati per primi dal De Fabris, rifiutarono; Amos Cassioli invece accettò, a patto di poter dipingere un'opera ad olio. Allo scoprimento di quella parte della facciata, nel dicembre 1879, la lunetta del Cassioli fu accolta favorevolmente (Cerretelli 1987); tuttavia, l'anno seguente sorse un diverbio tra il pittore ed Augusto Conti circa l'iconografia delle lunette, il cui concetto – la serrata commistione fra storia sacra e storia civile – sapeva al Cassioli «un po' troppo di paganesimo» (Campana 1995). Per questo motivo, l'architetto De Fabris si vide costretto ad estromettere il Cassioli dall'impresa e, pochi mesi più tardi, contattò il genovese Niccolò Barabino che disegnò un nuovo cartone per la lunetta; la tela del Cassioli passò quindi nel Museo dell'Opera del Duomo, infine nei depositi, dove è stata alluvionata nel 1966.
Stilisticamente, essa presenta una grande chiarezza espositiva, con figure saldamente disegnate e pausate, che richiamano ancora – a queste date inoltrate, quando ormai si era fatta strada la "nuova" pittura dei Macchiaioli e del Realismo – gli insegnamenti accademici di vaga ascendenza ingresiana, assorbiti dall'artista mediante Luigi Mussini.
Relazione iconografico religiosa
Il vasto programma iconografico ideato dal filosofo e letterato Augusto Conti, oltre a richiamare le figure veterotestamentarie che avevano preannunziato l'avvento di Cristo grazie all'Incarnazione nel seno della Vergine, e l'affermarsi della Chiesa, mirava ad esprirere «la grandezza del Cristianesimo in se stesso, e le sue armonie con la Civiltà, segnatamente per le ispirazioni gentili, che derivano dal Culto cristiano alla Madre del Redentore»: ovvero «l'Opere di beneficenza, l'Arti utili, le Scienze, l'Arti Belle, gli affetti di Famiglia, di patria, di Carità universale».
Relativamente alle tre lunette sopra le porte d'ingresso della facciata, dunque, esse dovevano esprimere rispettivamente Maria come promotrice della Carità, ossia "Consolatrix afflictorum" (a sinistra, accerchiata dai fondatori delle Opere pie fiorentine); Maria quale mediatrice presso Cristo, ovvero "Mater divinae gratiae" (al centro, assieme agli altri patroni di Firenze che intercedono per la città); Maria come sostegno della Fede, cioè "Ausilium christianorum" (a destra, attorniata dai rappresentanti delle antiche corporazioni fiorentine).
Il dipinto di Amos Cassioli raffigura così otto fondatori di istituti di carità fiorentini, per la cui identificazione ci vengono in aiuto le parole dello stesso Conti, benché riferite alla lunetta poi eseguita sul cartone di Niccolò Barabino, dove ne compaiono sette. Riconoscibili con una certa sicurezza, qui, sono soltanto i primi due personaggi da sinistra (fra' Bernardino da Feltre, del Monte di Pietà, e Folco Portinari, fondatore dello Spedale di Santa Maria Nuova) e il secondo da destra (fra' Pietro da Verona, domenicano, istitutore del Bigallo).