Descrizione
La tavola con coronamento a cuspide contiene una formella trilobata con al centro Cristo benedicente, sotto di esso un pannello centrale ogivale con archetto trilobato e punzonature accoglie santa Caterina.
Sul fondo oro si staglia la figura coronata di santa Caterina che, in piedi, in posizione frontale, sopra un vestito rosa a decorazione floreale, veste un mantello della stessa fantasia foderato di vaio i cui due lembi sono tenuti da entrambe le mani; in particolare la mano destra della santa tiene scostato dal corpo il mantello in modo da coprire e proteggere l'orante di più piccole dimensioni inginocchiato ai suoi piedi.
Sono rappresentati nella tavola anche i suoi attributi di martire: le ruote dentate alle sue spalle, la palma tenuta dalla mano destra e il libro rosso retto dalla mano sinistra.
Sul gradino ai piedi della santa sono visibili due piccoli stemmi con le sei palle medicee che sembrano essere stati aggiunti in un secondo momento.
Notizie storico critiche
Inizialmente catalogata come "di ignoto del secolo XIV" (Pieraccini 1884), l'opera fu attribuita per la prima volta a Bernardo Daddi da Garneri nella guida del 1924 seguito dalla Vavalà che nel 1927 lo considera "Un esempio tipico dei prodotti migliori dell'ultimo periodo del Daddi" accostandolo alla Santa Reparata del polittico degli Uffizi. Sirèn nello stesso anno attribuisce la Santa Caterina all'autore degli affreschi con Storie di San Silvestro in Santa Croce, proponendo un'identificazione con Maso di Banco.
Senza soffermarsi sulla questione dell'autore Follini e Rastrelli (1789-1802) supposero una commisione da parte della famiglia Guadagni.
L'Offner (1930, ripubblicato nel 2001 a cura di Boskovits) rifiuta entrambe le attribuzioni affidando la paternità dell'opera a un collaboratore di Bernardo Daddi, come suggerito da Brunetti e Sinibaldi nel catalogo della mostra giottesca del 1937 (pubblicato nel 1943). Nella mostra del 2004 di Memphis la tavola viene esposta come lavoro di Bernardo Daddi.
Sempre l'Offner dà notizie dei movimenti dell'opera: ci dice che fino al 1853 la tavola era appesa al pilastro a destra all'interno della Cattedrale, in quell'anno fu rimossa e trasferita all'Accademia dove venne esposta fino al 1912 anno in cui rientrò in Duomo al suo posto, in prestito dalle reali gallerie. Nel 1937 figura tra le opere esposte nella "Mostra giottesca" del 1937.
Relazione iconografico religiosa
Iacopo da Varrazze nella Leggenda aurea (edizione a cura di Vitale Brovarone, 1995, pp. 963-971) ci descrive Caterina come una giovane principessa di appena diciotto anni, molto bella e ben istruita di Alessandria d'Egitto vissuta nel IV sec. d. C.
Alla corte dell'imperatore Massenzio (o Massimino Daia), che teneva dei festeggiamenti in onore degli idoli pagani, vide molti cristiani che per paura della morte si convertivano; molto turbata da questo si presentò al cospetto dell'imperatore e con la sua sapienza e la sua arte oratoria riuscì a convertire al cristianesimo tutti i saggi che tentavano di condizionarla.
Irritato l'imperatore decise di ucciderla per mezzo di ruote dentate che ne avrebbero dilaniato il corpo, ma per grazia divina le ruote si ruppero allora la santa fu decapitata.
Gli attributi iconografici canonici della santa sono infatti: le ruote dentate, la palma del martirio, il libro che simboleggia la sua istruzione e la spada con la quale fu decollata che in questa rappresentazione però manca.