Descrizione
Il recinto ligneo del Brunelleschi, decisamente deteriorato malgrado i numerosi restauri, venne sostituito da una struttura in marmo progettata da Giuliano di Baccio d’Agnolo, “consulente” architettonico del Bandinelli. La struttura pur rimanendo fedele al progetto brunelleschiano, venne arricchita da uno splendido apparato di decorazioni architettoniche e scultoree. Su ognuno dei lati del parapetto infatti, furono posti due zoccoli aggettanti che Bandinelli decorò con ottantotto rilievi in marmo con cornice rettangolare, raffiguranti profeti e nudi, privi di attributi. In piedi sul parapetto, sotto l’arco orientale del coro, dietro l’altare, appoggiato ad una lastra di marmo nero e rivolto verso l’abside, si trovava un gruppo in marmo raffigurante Adamo ed Eva con l’albero del peccato. Al tronco dell’albero era avvolto un serpente con la faccia d’uomo, che rappresentava l’inizio della storia umana avviata sulla strada della salvezza. Se la decorazione della parte esterna del coro, con il gruppo di statue e rilievi era incentrata soprattutto sull’Antico Testamento, all’interno erano raffigurate principalmente storie tratte dal Nuovo Testamento. L’altare avrebbe ospitato le grandi statue, di dimensioni superiori al naturale, del Cristo morto (ora nella cripta di Santa Croce) sorretto da un angelo (mentre un secondo angelo, mai realizzato nella versione marmorea, reggeva i simboli della Passione) e del Dio Padre (attualmente nel chiostro di Santa Croce, ma posto sull’altare del Coro nel 1556). E ancora, Bandinelli avrebbe dovuro realizzare altri due angeli reggicandela, mai eseguiti in marmo, affiancati da quattro candelieri. Il monumentale corpo di Cristo occupava l’intera lunghezza della mensa e simboleggiava la vera presenza di Cristo nell’eucarestia. Il Dio Padre invece, colto nell’atto di benedire, esprime un preciso significato teologico: accetta la morte del figlio come “prezzo” dell’umana salvezza e allo stesso tempo, pone il piede sinistro sul libro dell'Antico Testamento e regge fra le mani il Nuovo.
Notizie storico critiche
Nel 1547 Cosimo I, desideroso di affermare la legittimità del ducato appena ereditato, affidò a Baccio Bandinelli e a Giuliano di Baccio d’Agnolo, che curò la parte architettonica, il prestigioso incarico di progettare il nuovo coro della fabbrica di Santa Maria del Fiore che, a differenza dei precedenti, avrebbe dovuto essere realizzato interamente in marmo. Come riferisce il Vasari, il basamento a lastre scolpite a rilievo era sormontato da pilastri e colonne sostenenti una balaustra di coronamento ed era ornato, alle estremità, da archi retti da colonne ioniche. L’opera, alla morte del Bandinelli nel 1560, rimasta incompiuta, venne infine ultimata dal suo allievo e collaboratore Giovanni Bandini (Baldinucci G., 1681, IX, p. 534). A detta di Lapini (Lapini A., 1900, p. 176) i rilievi vennero completati nel 1572 ma è arduo distinguere la mano del Bandinelli da quella del Bandini, essendosi l'allievo modellato sul maestro. Contestualizzando la decorazione, si evince come l’intero complesso di statue abbia subito l’influenza delle sessioni conciliari intorno al tema dell’eucarestia e alla sistemazione degli spazi presbiteriali, alla luce della rinnovata liturgia tridentina. Su ognuno dei lati del parapetto furono posti zoccoli aggettanti che Bandinelli decorò con rilievi raffiguranti profeti, apostoli e santi: un’ipotesi fra le più accreditate ma non certo l’unica (Lattuchella A., 2013, p. 27). Pare che il primo progetto prevedesse addirittura trecento rilievi, in bronzo, comprensivi di scene desunte dall’Antico Testamento. Per ognuna delle statue che riuscì a completare, compresi i Progenitori, il Cristo e il Dio Padre, Bandinelli scartò almeno una versione, ricominciando da capo la figura con un disegno diverso e di solito con un blocco più grande. Tra le letture operate sui rilievi, troviamo quella del Middeldorf (Middeldorf U., 1929, pp. 481- 482), il quale sostiene che le figure del Bandini si identificano per l'aspetto maggiormente classico e per una più spiccata vena ritrattistica, mentre quelle del Bandinelli presentano panneggi più frastagliati e meno compatti. Quanto ai temi che ispirarono l’artista, come riportato nel testo "La Metropolitana fiorentina illustrata", in riferimento alla lettura iconografica delle suddette figure: “non vedendosi in veruna di esse nessuna caratteristica che possa determinare l’intenzione dell’artista, convien credere che il Bandinelli, nell’eseguirle, non abbia seguita che la propria fantasia” (Del Rosso, Molini, Nelli, 1820, p. 44). Il progetto si rivelò “epico nella sua dimensione e concezione” e “sicuramente atto ad emulare e persino a sorpassare, le grandi imprese di Michelangelo” (Lavin I., 1999, p. 26). Mentre Vasari lo criticò aspramente, ritenendolo inadeguato per la “poca grazia” e per la mancanza di “debita proporzione” e di “giudizio” (Vasari G., 1568, ed. 1997, p. 980). A partire dal 23 aprile 1830, l’architetto Gaetano Baccani portò avanti un programma di radicale trasformazione della fabbrica e del coro. Vennero infatti eliminati il colonnato, gli archi, la balaustra di coronamento e ventiquattro degli ottantotto rilievi furono trasportati in una stanza del palazzo dell’Opera, per essere poi trasferiti, nel 1891, nel nuovo Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore. Si ha notizia inoltre che, alla mostra del Cinquecento toscano del 1940, fu esposta una serie di questi rilievi ma non è stato possibile identificare quali, per la mancanza delle riproduzioni nel catalogo.
Relazione iconografico religiosa
La complessa vicenda del coro, così come la difficile lettura dei rilievi in marmo che lo adornavano, ha portato gli studiosi a far fede a quanto detto da Vasari nelle Vite, in cui definì i personaggi rappresentati come Profeti. Il numero di ottantotto formelle, nonché quello previsto inizialmente di trecento, non possono riferirsi al novero decisamente minore dei profeti biblici. Né essi sarebbero stati in stretto rapporto con le mai realizzate scene del Vecchio Testamento, da porre tra profeta e profeta. Si può quindi pensare ad una mera soluzione decorativa oppure ad un semplice discorso biblico di scene veterotestamentarie accompagnate dai profeti, ad emulare esempi precedenti, come la Sistina. Per quanto riguarda poi la presenza dei Nudi, si potrebbe rintracciare un evidente precedente iconografico negli “Ignudi” del Tondo Doni di Michelangelo, che sappiamo essere, anche a detta dello stesso Vasari, il punto di riferimento costante per la lettura e l’interpretazione delle opere del Bandinelli. Come gli Ignudi che fanno da quinta alla Sacra famiglia nel Tondo Doni, si spogliano per ricevere il battesimo, alludendo ai neofiti (quindi all’era della paganità ante legem contrapposta all’era dell’umanità sub lege, rappresentata da Maria e Giuseppe e a quella sub Gratia che inizia con Gesù), così i Nudi dei rilievi, alluderebbero ad uno stadio intermedio, di attesa per l'avvento di Gesù Cristo, il messia promesso ai giudei. Inoltre occorre notare che gli stessi profeti sono rivolti all’esterno, non vedono quindi ciò che accade all’interno del recinto: ne hanno sentore ma non riescono a comprendere. Questo spiegherebbe il loro dialogare e i loro sguardi a volte accigliati, altre volte intenti nel meditare. Pose queste che rimandano ai personaggi ritratti da Donatello nei battenti bronzei delle Porte della Sagrestia Vecchia di San Lorenzo. Il tema generale infatti, sembra il medesimo: quello della molteplicità di forme dell'interazione umana nella disputa intellettuale e nella controversia religiosa. Nessuno di loro guarda in alto, gli sguardi restano sempre sul piano dell’osservatore o al massimo, sono rivolti in basso; questo perché prima di Cristo, a nessun uomo fu concesso di vedere Dio. I profeti infatti, sono scolpiti in pietra e rappresentano il tempo della legge mosaica (le tavole della legge erano su pietra), mentre con Cristo e il vangelo inizia il tempo della Grazia quando, come scrive San Paolo nella Lettera ai Corinzi, i cuori di pietra vennero trasformati in cuori di carne (2Cor 3, 2-3). Invero la luce che filtra dalla lanterna (simbolo cristologico sin dal Brunelleschi) illumina direttamente i rilievi, alludendo proprio a questa trasformazione che prenderà vita con l’avvento del Redentore (non a caso, il Cristo che Bandinelli pone sull’altare è rappresentato già morto, quindi già si è sacrificato per redimere gli uomini). Oltre a ciò, occorre notare che come il coro abbraccia l’altare con la sua liturgia, così avviene che nella tradizione dell’Antico Testamento fiorisca il Nuovo (simbolicamente il Cristo scolpito dal Bandinelli, un tempo sull’altare, pone il piede sinistro sul Vecchio Testamento e si accompagna, tenendolo stretto a se, con il Nuovo).