Descrizione
Il cofanetto reliquiario, a forma di parallelepipedo, è chiuso da un coperchio alto con quattro lati inclinati, incorniciati da bande di argento parzialmente dorato e coronati da una coppia di volute d'acanto in argento dorato. Agli angoli altre quattro volute d’acanto, di maggiori dimensioni. Il cofanetto, rivestito da pietre dure di diaspro e agata fissate sul legno, è sorretto da quattro zampe di leone, ed ha una banda di argento dorato decorata con rosette stilizzate lungo il bordo inferiore.
Notizie storico critiche
Il cofanetto reliquiario (Becherucci, 1969, pp.249-250) fu collocato nel Museo nel 1954. Nonostante la prolungata sommersione in acqua e fango per la piena dell’Arno del 4 novembre 1966, l’anima di legno non si è alterata; per questo il restauro è stato limitato alla pulitura e al fissamento di alcune pietre. Il cofanetto è stato studiato dallo studioso Steingraber (1955, pp.92) che lo ha messo in relazione con alcuni documenti provenienti dall'Opera del Duomo in cui si registra l'esecuzione di una cassa in pietra da parte di Vittorio Ghiberti, figlio di Lorenzo: <<nel 1476 Vettorio [Ghiberti] una cassa di pietra per le reliquie di Santa Maria del Fiore>>. In effetti, il fogliame che decora l’incorniciatura della porta Sud del Battistero e le foglie d’acanto degli spigoli del cofanetto confermano una stretta affinità e l’attribuzione a Vittorio Ghiberti. Tale attribuzione è stata confermata da un pagamento a suo favore del 1476 (cfr. Rossi, 1964) e poi messa in dubbio dalla Becherucci la quale sostiene che il documento, insieme ad altre notizie, si riferisce ad un lavoro in pietra (forse marmo colorato) e metallo e non all'oggetto in questione e che il cofanetto proviene probabilmente dal tesoro del Battistero e non dal Duomo.L’esecuzione dell’oggetto va comunque collocata in quegli anni in quanto alcuni particolari del cofanetto (i motivi a voluta sulla sommità, le foglie di acanto sugli angoli, le zampe di leone alla base) ricordano il sarcofago di Piero il Gottoso e Giovanni dé Medici eseguito dal Verrocchio nel 1472 (Sacrestia Vecchia della chiesa di San Lorenzo a Firenze), fonte di ispirazione per molti artisti. Per questo motivo, secondo la studiosa, anche se il nome di Vittore Ghiberti non viene escluso del tutto, è preferibile attribuire il reliquiario a qualche artista della generazione successiva "vicino a Paolo Sogliani”, soprattutto per l'impiego delle pietre dure e per le forme stilizzate dell'architettura del cofanetto. Nel 1980 la Ciardi afferma che l'opera presenta un gusto decorativo leggermente stilizzato che lo avvicina alla cancellata del Duomo di Prato eseguita da Pasquino da Montepulciano intorno al 1470. Naturalmente ci sono altre opere che potrebbero aver influenzato la progettazione del reliquiario. Il coperchio alto, per esempio, con i suoi quattro lati inclinati, ricorda i sarcofagi romani mentre, il rivestimento con pietre dure ricorda il coperchio di un sarcofago, ora nel Museo, che originariamente era visibile, insieme a molti altri, nella zona intorno al Battistero. Un rivestimento utilizzato anche per le piastrelle maiolicate in oggetti prodotti dal laboratorio dei Della Robbia. Ma questo cofanetto è straordinario in quanto sembra rappresentare il primo utilizzo di pietre dure come rivestimento. La loro disposizione geometrica sembra prefigurare i modelli complicati di intarsio in pietra, qualcosa che sarebbe stato espresso abilmente nelle opere realizzate in pietre dure a Firenze circa tre secoli dopo.
L’opera è stata esposta presso la “Mostra di restauri a sculture e oggetti d'arte minore” da dicembre 1967 a febbraio 1968 al Museo Nazionale del Bargello di Firenze e presso la mostra "Art of the Royal Court. Treasures in Pietre Dure from the Palaces of Europe" al Metropolitan Museum of Art di New York dal 1 luglio al 21 settembre 2008.
Relazione iconografico religiosa
Funzione del reliquiario è la degna conservazione ed esposizione della reliquia, generalmente frammenti di ossa o di altre parti del corpo, oppure oggetti ad essi appartenuti o frammenti di essi, ad esempio del vestiario, oppure ancora oggetti miracolosi. La reliquia e il suo culto si basano sulla fede nella risurrezione dei morti, ovvero sulla dottrina della risurrezione della carne e sulla convinzione che Dio non permette che il suo santo "veda la corruzione" (Sal. 16 [15], 10; At. 2, 27), e si fondano sulla credenza in una vita ulteriore e in una continuità di azione del defunto. L’esposizione ai fedeli delle reliquie come oggetto di venerazione avveniva normalmente nei giorni della ricorrenza del loro festeggiamento, portati in processione negli stessi periodi, oppure esposte su un altare, in mezzo alla chiesa. Esporre le reliquie significava dimostrare che la presenza di Dio nella vita degli uomini continua, e che ciò che è avvenuto nel grembo della Vergine avviene in chiunque si lasci colmare dallo Spirito; tutti siamo chiamati a “portare” Cristo, a renderlo visibile nel mondo. L’ostensione, inoltre, su un altare rendeva esplicito il rapporto con la liturgia eucaristica che, sin dagli inizi del cristianesimo, dà al culto delle reliquie il suo senso pieno. L’Eucaristia, infatti, è essa stessa “reliquia”: nel corpo e nel sangue di Cristo presenti sull’altare la Chiesa fa memoria della morte storica del Signore. I santi sono poi ricordati nella celebrazione eucaristica che è esperienza dell’unità di vita dei fedeli in terra con i loro fratelli passati in gloria.