Descrizione
Scultura in amrmo bianco, lavorata in altorilievo raffigurante l'angelo annunciante. La figura è incedente, con la destra benedicente e l'altra mano a tenere un lembo della veste, di aspeto efebico, con capelli raccolti, espressione di stupore, un lungo abito finemente ricamato
Notizie storico critiche
Le due statue monumentali dell’Annunciazione che stavano nei tabernacoli accanto al frontone della Porta del Campanile mostrano segni evidenti di due mani diverse, sin dal 1887 Schmarsow infatti parlò di una corrente nordica della scultura toscana per quanto riguarda l’Annunziata e di una corrente classica relativamente all’Angelo.
La Becherucci nel 1977 in "Un’annunciazione nel Duomo di Firenze" in "Scritti di storia dell’arte in onore di Ugo Procacci", propose molto acutamente l'attribuzione dell’opera ad un allievo di Giovanni di Balduccio il quale aveva lavorato in Lombardia.
La forzata torsione del busto ha fatto pensare la una diversa destinazione, una Madonna col Bambino ridotta ad Annunciata (Brunetti comunicazione orale a Becherucci) anche se probabilmente insieme alla lieve flessione del collo e delle spalle sembra piuttosto mettere d'accordo il ritirarsi della Vergine con l'avanzare dell'Angelo.
L’angelo dell’Annunciazione invece si crede debba essere stato realizzato da Jacopo di Piero Guidi nel 1379-1380 per essere collocato sopra il portale, come pendant della statua dell’Annunziata già pronta nel deposito del cantiere.
Relazione iconografico religiosa
"L'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse : «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei." (Luca 1,26-37)
Il dialogo tra i due personaggi riportato nel Vangelo, è qui convertito in un gioco di sguardi, e mentre negli occhi di Maria si possono leggere la paura e il timore per l’improvvisa apparizione, nello sguardo dell’Angelo, invece, si riconosce tenerezza e tranquillità, le sta dicendo di non temere perchè diventerà madre di Gesù, il figlio di Dio.
La differenza di stile delle due statue si accorda all'iconografia in maniera forse non così inconsapevole.
Ella è timida e schiva, raffigurata nell’atto di ritrarsi turbata con un gesto scontroso delle spalle e del braccio destro; il libro aperto è un elemento di variazione rispetto alla fonte che prese piede nell'XI secolo, probabilmente sotto l'influenza della spiritualità francescana che voleva porre l'accento sulla pietà di Maria intenta nella preghiera. In seguito la presenza del libro divenne pressoché canonica e venne riferita alle profezie bibliche sull'incarnazione, particolarmente a Isaia 7, 14.