Descrizione
Il reliquiario è integrato in un insieme con altri di diversa fattura. Di tale insieme il presente costituisce la parte inferiore e fa da base. Esso è un'urna esagonale in argento dorato e cristallo, a due piani: l'inferiore, è chiuso tra cornicine, e si apre su sei vetrine rettangolari, con cornici a ondine, spartite da pilastrini angolari mistilinei. Sopra una cornicina fortemente aggentante è il secondo livello, costituito da una doppia serie di vetrine strette e lunghe rettangolari, con cornici a ondine, una per lato, associate a coppie. Quelle inferiori sono inclinate e concave, e sono spartite da volute dorate; le superiori poggiano su una cornice modanata a gradino, e sono slanciate, convesse, spartite da elementi a ondine. Le reliquie sono indicate da relativi cartigli; nel listello dello zoccolo corre un'iscrizione in caratteri gotici.
Notizie storico critiche
Secondo il Mariti (1781) le reliquie collocate nella base fanno parte della donazione Grioni, nel 1394; lo stile del lavoro è coerente alla data che vi è inscritta, e da alcune notazioni tecniche fatta dalla Brunetti, è credibile che questa base sia stata posta a sostituzione di una più antica, di forma simile. Nella sua memoria il Mariti si appoggia a documenti del Gori del 1720 e a un inventario dello stesso anno, dove si diceva che il reliquiario del braccio poggiava su una cassetta con reliquie di altri santi, tra cui alcune di Pantaleone e del sasso di santo Stefano. Fu alla presenza del Gori che si decise di rassettare le reliquie del braccio con quell'altre, ponendo quest'ultime in una nuova cassetta, esagonale come la più antica. Tale nuova disposizione, dice ancora il Gori, fu fatta con un po' di disordine, come dimostra la placchetta con san Pantaleone, disposta orizzontalmente, invece che in verticale. Intorno al 1723 è anno in cui l'Holzmann si sta occupando di restaurare molti dei reliquiari della cattedrale. Mariti non crede al Richa, che ricorda le reliquie della base come separate dal braccio di san Filippo, mentre il Lumachi, dopo il Mariti, ricorda reliquie del cranio e della tibia di san Pantaleone, e come lui il Follini. Infine, ancora il Mariti, sostiene una provenienza delle reliquie da Nicoletta Grioni, e riferisce di una scatoletta esagonale che le contiene, venuta da Venezia; notizia riportata dal Frey, con datazione al 1425. La reliquia è di nuovo citata dall'Albertini nel 1510, ma trascurando la descrizione del reliquiario, e così, sucessivamente, fanno Del Migliore, Richa e Lumachi. Il primo a soffermarsi a descriverlo è, appunto, il Mariti. Egli nota una goffa incongruenza tra la cassetta (che egli data stilisticamente al XII secolo) e il cilindro, e sospetta che anche la cupoletta possa essere successiva. Egli ritiene che il reliquiario, come altri, sia stato portato via e fuso, almeno parzialmente, dal cardinal Passerini, che lo prese con sè fuggendo assieme a cardinal Ippolito de' Medici, nel 1527. Il Cavallucci cita il reliquiario ma non si sofferma a studiarlo. Gruyer (1875) riprende l'errata datazione del 1405 e lo descrive senza conoscerlo direttamente, riportando numerose inesattezze; trascurabile è anche la descrizione del Befani del 1884. Diversamente il Cocchi, nel 1901, riprende correttamente le notizie del Mariti. Il reliquairio è attribuito al del Vagliente anche nella voce del Del Vagliente nel Thieme-Becker del 1908. Ancora al Del Vagliente era attribuito nella "Mostra del tesoro di Firenze sacra", con datazione al 1425, e il Rossi, nella rassegna a suddetta mostra, lo commentò circa gli aspetti architettonici, che disse tipici del XV secolo. La data del 1398, per la base e del 1425 per il clindro del braccio sono ripetute successivamente dal Wackernagel, nel 1938; dal Paatz e, nel 1964, dal Rossi. La Becherucci ha riordinato nel catalogo del 1969 tutta la cronologia critica sull'opera.
Relazione iconografico religiosa
Le reliquie dei santi Filippo, Stefano e Pantaleone, a maggior ragione in quanto martiri, nel loro essere visibili, attraverso le vetrinette e il cilindro di cristallo e di vetro, sono fatte rassomigliare a lampade e bracieri promananti una luce, la cui fonte è il lacerto santo conservato. D'altronde, la reliquia stessa, come frammento fisico, è considerata dalla teologia cristiana nel significato di testimonianza fisica della santità, che illumina la fede del credente. Più in generale, poi, la tipologia architettonica, richiama l'idea del tempio, e diviene simbolo ecclesiastico: la reliquia ne è il contenuto, la ragione stessa di esistenza, come il martire e il suo sangue sono considerati, fin dai primordi della cristianità, il fondamento di tutta la Chiesa.