Descrizione
Pala in forma di tabernacolo a edicola, composto da una tavola maggiore, centinata a ogiva, una predella e un clipeo. La tavola maggiore raffigura San Zanobi in abiti vescovili, assiso in Cattedra. Il santo è di dimensioni maggiori delle altre figure; ha la barba canuta e ricche vesti bianche con bordature dorate e ricamate. Nella mano destra tiene il pastorale con ricciolo a forma di giglio e nella sinistra un libro chiuso. Alle sue spalle fanno da reggi cortina due figurazioni muliebri alate e identificate da iscrizioni dorate nelle vesti: l’Umiltà (in veste bianchi con corona d’alloro) e la Carità (con veste rossa e corona fiammeggiante). Sotto i calzari rossi del vescovo ci sono due personificazioni mostruose: entrambe con le mani legate dietro la schiena, la barba e i capelli lunghi, identificate da iscrizioni. A sinistra c’è la Superbia, con un corno sulla fronte; e a destra la Crudeltà, che divora un bambino con grandi fauci di cinghiale. Più in basso, ai lati del gradino della cattedra si vedono inginocchiati i due santi diaconi ordinati (anche loro, come Zanobi, identificati da iscrizioni gotiche nel margine inferiore): a sinistra c’è Eugenio, in talare verde, con tonsura, tiene un libro e guarda verso l’osservatore; a destra, Crescenzio, in dalmatica d’oro, guarda verso Zanobi e tiene un turibolo e una navicella portaincenso.
Nel piviale di Zanobi troviamo ricamate molte figure. Nella croce sul petto: la Crocefissione tra Maria e Giovanni evangelista. Nel colletto due santi con rotolo con iscrizioni recanti una parte del Credo, apparentemente Pietro e Paolo (o Giovanni evangelista). Scendendo lungo i bordi, dall’alto verso il basso e da destra a sinistra, si riconoscono le personificazioni delle virtù cristiane: la Fede con croce e calice e la Speranza che guarda la corona in cielo; la Giustizia, con la spada e la Fortezza con elmo e clava; la Temperanza che miscela acqua e vino e la Prudenza che stringe un serpente.
Nel clipeo sommitale è raffigurato Cristo, benedicente, con il libro aperto con le lettere Alfa e Omega.
Nella predella sono rappresentati due episodi della vita del santo. Nel primo, alla presenza di personaggi in abiti del Trecento, la resurrezione del figlio della pellegrina francese (la figura in abito nero), caduto dalla finestra dell’edificio che si vede sul fondo. Nella seconda, la processione della traslazione delle spoglie del santo, con il catafalco di San Zanobi che passando davanti all’olmo di piazza San Giovanni lo fa rifiorire.
La cornice, in legno intagliato e dorato con parti dipinte, ha una base con un vaso, girali e lo stemma Medici. Ai lati della predella ci sono quattro stemmi: due stemmi della famiglia Mozzi (?), e due stemmi vescovili (pastorale e mitria). Ai lati della tavola due esili colonnine tortili salgono fino all’imposta della centina. Il timpano è mistilineo polilobato ed è compreso tra due pinnacoli slanciati.
Notizie storico critiche
Questa pala, di fatto un tabernacolo, ha una provenienza ignota e il riferimento alla mano di Giovanni del Biondo e la datazione al 1380 sono accettati in modo univoco dagli studiosi su base stilistica. Per l’attribuzione dell’artefice: Follini-Rastrelli nel 1790 riconobbe nella cornice originaria lo stemma dell’arcivescovo Andrea de’ Mozzi, che fu sulla cattedra fiorentina fino al 1295, e pensò pertanto di riferire la tavola a Gaddo Gaddi o al giovane Giotto. Crowe e Cavalcaselle invece, nel 1864 la attribuirono all’Orcagna e il Burckhardt, similmente, ad un artista della scuola di quel pittore. Fu Suida (1905) a riferire per primo il dipinto al "Maestro dell'altare Rinuccini", che il Gamba identificò poi con Giovanni del Biondo, con una datazione verso il nono decennio del Trecento. A questa proposta si allineò la critica successiva, fino a Boskovits, che nel 1975 propose di riconoscere accanto a Giovanni del Biondo anche la mano di Jacopo di Cione.
La più antica notizia di quest’opera ci viene dal Del Migliore, che a fine Seicento la ricorda venerata dalla Cappellania Corale di Santa Maria e San Zanobi. Ma sull’originaria provenienza la critica si divide: secondo Offner fu realizzata per la Cattedrale, mentre nel 1956 Cohn avanzò l’ipotesi che si tratti della tavola raffigurante San Zanobi che era stata commissionata per Orsanmichele dall’Arte dei chiavaioli che poi, come altre opere proprietà delle corporazioni fiorentine, era stata ceduta al Duomo. Nel 1842, in occasione dei rinnovamenti in chiave purista della Cattedrale da parte di Gaetano Baccani, la tavola fu pesantemente restaurata e la cornice replicata nel dipinto trasformato a suo pendant: il Sant’Antonino di Poppi, sul pilastro di destra. A questo momento risale probabilmente l’aggiunta dello stemma mediceo, mentre non si riesce a comprendere la presenza degli stemmi con croce di Tolosa
Relazione iconografico religiosa
La tavola è una celebrazione di San Zanobi, primo vescovo di Firenze, vissuto tra il IV e il V secolo, come dice l’iscrizione in capitali dorate nella cornice che lo loda per aver fatto “fiorire” Firenze. La tavola centrale è una grande allegoria costituita da un ricco programma iconografico, volto ad esaltare le virtù del santo protettore della Cattedrale e dell’Arcidiocesi fiorentina. La predella vede raffigurati due miracoli celeberrimi della tradizione agiografica di San Zanobi: la resurrezione del figlio della pellegrina francese caduto da una finestra e la fioritura dell’olmo toccato dal feretro durante la traslazione delle spoglie del santo da San Lorenzo a Santa Reparata (nel punto in cui ora sorge la colonna crucigera detta, appunto, “di San Zanobi”).