Descrizione
L’Abacuc è in marmo bianco di Carrara ed è oggi conservato nel Museo dell'Opera del Duomo di Firenze.La statua è lavorata a tutto tondo e include una sottile base sagomata, sulla quale vi è inciso “ Opus Donatelli”. La figura molto magra ha un aspetto ascetico. Un pesante drappo scende dalla spalla sinistra a destra quasi a proteggere la figura. I piedi magri hanno i calzari. L’Abacuc è considerata un’opera matura dell’espressionismo donatelliano, di un realismo che supera i riferimenti all’arte classica ancora riconoscibili nel carattere romano della testa. La scultura è rappresentata nell’atto di gridare le sue domande sul senso del male, sul corpo consumato dall’ascetismo pesa la tunica che cade dalla spalle in lunghe pieghe, che ricordano il panneggio del San Ludovico e delle cariatidi del monumento Brancacci di Napoli.
Come il Profeta Geremia, anche l’Abacuc a partire dal ‘500 fu considerato un ritratto. Secondo la tradizione popolare Donatello avrebbe ritratto un avversario dei Medici, Giovanni Chiericini. La critica dall’Ottocento in poi ha negato a questa ipotesi un preciso fondamento storico.
Notizie storico critiche
L’Abacuc è una scultura di Donatello proveniente dalle nicchie del terzo ordine del Campanile di Giotto, realizzata tra il 1434 e il 1436. La statua era in origine collocata sul lato nord del Campanile insieme ad altre tre statue; dai documenti d’archivio, sappiamo che nel 1464 queste statue vennero trasferite sul lato ovest al posto delle Sibille e dei Re di Andrea Pisano. La storiografia ha da sempre posto l’Abacuc cronologicamente vicino alla statua del profeta Geremia. I critici, invece, sono poco concordi sulla scansione cronologica delle due statue. Alcuni documenti dell’archivio dell’Opera del Duomo parlano in modo esplicito di una statua di Donatello raffigurante l’Abacuc in lavorazione nel 1435 e terminata nel 1436. Tenendo conto di questi documenti questa statua può essere considerata come l’ultima realizzata per il Campanile.
Il Profeta oggi conservato nel Museo dell’Opera del Duomo venne smontato dal Campanile e portato nel Museo del Bargello nel 1939 e solo dopo la guerra trovò la sua odierna collocazione. Le operazioni di rimozione vennero eseguite, in occasione della grande campagna di restauri, che coinvolse il Campanile, il Duomo e il Battistero. Le statue del prospetto ovest furono spostate dalla loro collocazione originaria per disposizione della Soprintendenza, viste le cattive condizioni di conservazione in cui si trovavano e per il timore che potessero essere danneggiate durante la guerra da incursioni aeree nemiche, come indicato nei documenti d’archivio (Adunanza del Consiglio 11 settembre 1939, XV 1 1, p. 157, 158, 173). Le indicazioni in merito a questo intervento sulle statue del lato ovest sono riportate in una nota, datata 21 ottobre 1939, del registro di contabilità della ditta Allegri, che si occupò della loro rimozione (Registro di contabilità Ditta Alessandro Allegri, XV 1 8). Un articolo di giornale apparso su “La Nazione” il 18 ottobre del 1939, parla con grande apprezzamento dei lavori di smontaggio delle statue.
Relazione iconografico religiosa
Il profondo naturalismo dell'opera ha portato i firiorentini a crederlo un ritratto, in particolare del politico anti mediceo Giovanni Cherichini (morto nel 1416). Al di là di questo, le forme straordinariamente drammatiche e cariche di tensione della figura, che si innervano nel lungo panneggio e si concentrano nel volto insieme preoccupato e stupito, afferiscono alla figura del profeta veterotestamentario in senso lato, come uomo ispirato da Dio che si tormenta nel dubbio della presenza del male e dell'ingiustizia nel mondo. Se l'identificazione con Abacuc è corretta, come suggerito da Verdon (2015), si deve leggere la tensione emotiva espressa dalla figura in relazione alla figura di questo profeta, autore dell'omonimo libro della Bibbia, diviso in tre capitoli. Nel suo testo Abacuc elabora una morale e una dottrina religiosa ricche e profonde, che implicano una riflessione sulla presenza del male dell'ingiustizia nela mondo e la fedeltà alla promessa fatta da Dio