Descrizione
Lo strumento si trova completamente smontato e archiviato presso il magazzino dell'Opera di Santa Maria del Fiore sito in via Giovanni de' Marignolli a Firenze.
Si conserva probabilmente tutta la facciata cinquecentesca - ad eccezione delle due canne dell'ordine di 24' (Fa_2 e Sol_2) - attribuibile con molta probabilità alla mano dell'organaro Onofrio Zefferini da Cortona che, secondo la documentazione d'archivio, costruì lo strumento nell'anno 1567.
Per quanto riguarda le canne interne si rileva un'uniformità notevole nel registro del Principale ed è stato anche possibile individuare significativi nuclei di canne appartenenti al raddoppio e alla triplicazione del Principale. Anche per il registro dell'Ottava si è potuto procedere analogamente. Per quanto concerne la composizione delle restanti file di duplicazione e triplicazione potranno essere identificati altri elementi all’interno delle canne di ripieno, per ora non riordinate in quanto prive di segnature. Le canne presentano una fattura molto accurata con dimensionamenti degli spessori delle lastre coerenti con la struttura della canna.
Il registro del Flauto risulta composto da due nuclei di canne di periodi distanti.
Di fattura analoga, presumibilmente quattrocentesca, si conservano anche due canne di facciata dell’antico Principale. Si tratta di canne molto ben costruite, con notevoli spessori di lastra, mitria allungata e grosso puntino a sbalzo appena sopra il vertice. Le lastre appaiono lavorate con molta cura e anche le saldature sono precise e molto solide.
Mancano completamente, com'è da tempo noto, le canne del registro Sordine. Vi sono altre canne recenziori appartenenti al registro Trombe, di costruzione precedente al grosso intervento di Giacobbe Maria Paoli del 1842. Vi sono anche canne ancora più recenti appartenenti al Ripieno, di fattura tardo ottocentesca ascrivibile probabilmente alla ditta Agati-Tronci. Vi sono anche, infine, alcune canne di legno anch'esse di epoca tardoottocentesca in pessimo stato di conservazione.
Dello strumento così come ci è giunto si conserva:
- quasi integro il grande somiere a vento originale di Onofrio Zefferini, suddiviso in due sezioni asimmetriche, in discreto stato di conservazione. Analogamente ad altri somieri del medesimo artefice, anch'esso presenta le caratteristiche tire di rame per l'azionamento dei ventilabrini. Mancano completamente il fondo della secreta e i ventilabri dei canali;
- lo zoccolo di sostegno e portavento delle Sordine, attribuibile alla mano di Zefferini;
- frammenti minimi del crivello in legno;
- una tastiera cromatica di fine Ottocento attribuibile agli Agati-Tronci;
- una pedaliera cromatica anch'essa attribuibile alla medesima ditta;
- due mantici verosimilmente Agati-Tronci;
- la meccanica della catenacciatura con grande tavola di riduzione, catenacci, strangoli ecc. Nella tavola sono presenti numerosi fori relativi a un precedente utilizzo. La tavola potrebbe pertanto essere molto antica, forse originale, e successivamente reimpiegata con la modifica della meccanica ivi presente;
- molto materiale di legno consistente in vari tubi portavento, in pezzi di sostegno dello strumento non chiaramente identificabili nel dettaglio. Non si conserva invece nessun elemento della cassa, che com'è noto fu completamente dismessa nel 1842.
Notizie storico critiche
Il 9 dicembre 1432 si incarica Matteo da Prato, già conosciuto e stimato dall'Opera del Duomo per essere intervenuto ripetute volte dal 1422 all'organo di frate Domenico da Siena, di costruire un nuovo strumento e si commissiona a Luca della Robbia la realizzazione del pergamo in cornu Evangelii dove alloggiarlo. I lavori sono lunghi, complessi e subiscono numerose interruzioni per terminare nel 1448. Antonio Squarcialupi, organista titolare della Cattedrale, è il collaudatore del lavoro.
Nei documenti del tempo questo strumento è definito l'organo "maggiore", pertanto è facile dedurre che la Cattedrale disponesse di due organi, ma non siamo in grado di stabilire se l'altro fosse ancora quello di frate Domenico da Siena (1388).
Nel 1456 Antonio Squarcialupi decide di ampliare lo strumento, modificandone l'aspetto esteriore, mediante l'aggiunta, ai lati, di due canne di ingenti dimensioni, comandate dai primi due tasti del manuale. Il lavoro è affidato a Giovanni da Mercatello, il quale aveva già avuto occasione di dimostrare le sue abilità in veste di accordatore e di restauratore dell'organo "minore". Questa radicale trasformazione del prospetto ne fece uno strumento di aspetto inusuale in tutta la penisola italiana. Le due grandi canne volute da Squarcialupi diventarono presto i mirabilia che tutti i pellegrini e i viaggiatori osservavano e delle quali narravano nelle cronache.
Negli anni '30 e '40 del XVI secolo lo strumento viene sottoposto a numerosi interventi ad opera di fra' Bernardo d'Argentina che lavora alle meccaniche, all'intonazione dei ripieni e ai mantici. Nel febbraio 1462 Niccolò Malvezzi, organista della Basilica di San Lorenzo particolarmente ben voluto dal duca Cosimo I, azzarda un restauro poco fortunato.
Nel 1564 l'Opera del Duomo commissiona al celebre artigiano cortonese Onofrio Zeffirini la ricostruzione totale dello strumento. I lavori, a causa dei numerosi interventi già in fieri dell'organaro, si protraggono fino al 1567.
Questo strumento è giunto fino a noi nelle parti essenziali. Il materiale, per quanto è stato possibile verificare, non presenta firme graffite da parte dell'organaro. Tuttavia è stato messo a confronto con altri organi del medesimo autore, come quello della basilica di S. Croce a Firenze (cfr. Maurizio Isabella, Le canne d’organo di Onofrio Zefferini nella Basilica di Santa Croce di Firenze, Germignaga, 2011) e quello della pieve di S. Stefano a Lucca. In particolare questo secondo strumento, basato su un Fa di 6', reca - fatto rilevante e non frequente - una firma del detto organaro graffita nella lastra del corpo della canna immediatamente al di sopra dell'anima all'interno della canna Sol1. È stato possibile dunque rilevare significative similitudini fra le canne di facciata di questo strumento e quello di S. Maria del Fiore.
Nel 1657 lo strumento è accordato da Domenico di Giovanni da Spoleto e nel 1660 Bartolomeo Ravani, assistito da Francesco Nigetti, ricostruisce il supporto e il sistema di alimentazione del registro Zampogne.
Nel 1666 Niccolò Giovannini ricostruisce undici canne in piombo e, nel 1675, sostituisce i mantici.
Nel 1742 Giuseppe Cateretti interviene decisivamente sulla manticeria e rintona lo strumento in seguito al cambiamento di pressione.
Nel 1743 Azzolino Bernardino Della Ciaia suggerisce il nome di Francesco Domenico Cacioli, l'organaro più noto nella Toscana del tempo, per un restauro approfondito (smontaggio, ripulitura totale, sostituzione parti mancanti e/o rovinate, restauro della fonica) che giunge a compimento nel dicembre 1745. Su incarico dell'arcivescovo Incontri, nel 1774, si commissiona all'intagliatore Giovanni Boni l'ornamento dell'organo secondo i canoni estetici barocchi, da essere in sintonia con quello che lo fronteggia posto sulla cantoria in cornu Epistulae.
Lo strumento non gode di interventi significativi fino al 1842 quando Giacobbe Maria Paoli lo restaura in maniera ingente secondo i criteri del tempo che imponevano il recupero di un'ipotetica quanto leggendaria purezza delle origini. Si elimina il prospetto sei-settecentesco, per sostituirlo con quello in stile neogotico ancora esistente. Quanto alla sostanza fonica dello strumento anch'essa si trova profondamente mutata. Le grandi canne squarcialupiane che avevano costituito da sempre l'originalità di questo strumento, vengono eliminate poiché non trovano più posto nella nuova cantoria, così come si spartiscono le campate cinquecentesche in favore di un più "pura" cuspide con ali.
Nel 1899 la ditta Agati-Tronci ripulisce lo strumento, aggiungendo il comando al pedale del Tirapieno.
Quando tra il 1959 e il 1962 è decretata la realizzazione di un nuovo grande organo sinfonico a trasmissione elettrica da collocarsi prevalentemente sulle due cantorie, la Commissione ministeriale presieduta dal prof. Luigi Ferdinando Tagliavini, si occupa dello smantellamento e della conservazione delle parti che prima sono custoditi in un locale del Collegio Eugeniano, poi presso la chiesa di S, Pio X e infino, dal 1991, nel magazzino dell'Opera del Duomo dove giacciono ancora oggi.